«Assassinare, incendiare, bastonare non vuol dire aver vinto»
di GUIDO PICELLI da «L'Ardito del popolo», 1 ottobre 1922
Mai come oggi il proletariato ha sentito la necessità della difesa; ma la situazione in Italia è tale ormai, per cui nessuna difesa è possibile senza addivenire alla immediata costituzione di un organo solido, perfetto, con a disposizione mezzi tecnici ed a carattere «militare».
Trattandosi perciò di dar vita ad un organismo perfettamente nuovo per noi, occorre anzitutto creare una nuova mentalità in mezzo a noi; far comprendere come solo con l’inquadramento delle nostre forze, con un movimento coordinato e disciplinato in tutta Italia si potranno respingere gli attacchi dell’avversario, siano essi in piccolo che in grande stile.
Sino a due anni fa circa le battaglie sindacali e politiche erano combattute, dalle Camere del Lavoro e dai partiti, con vari mezzi compreso quello, ultimo estremo, dello sciopero generale.
Oggi invece occorrono metodi nuovi. Uno sciopero generale di qualche giorno, per esempio, sboccherebbe senza dubbio in un movimento insurrezionale. Le Camere del Lavoro ed i partiti sovversivi, così come sono e data la loro costituzione organica, non sarebbero capaci di impedirne la soffocazione da parte delle truppe fasciste, con tutte le prevedibili e disastrose conseguenze.
Di fronte alla forza armata occorre la forza armata. Di qui la necessità della formazione in Italia dell’«esercito rosso proletario».
Purtroppo i fatti hanno dimostrato abbastanza, e noi pochi lo abbiamo sostenuto fin dal principio, che il fascismo non si abbatte se non sul terreno della violenza, sul quale terreno esso per primo ci ha trascinati. La cristiana rassegnazione consigliata dai maestri del metodo riformista ha reso baldanzoso il nemico e condotto allo sfacelo le nostre organizzazioni.
L’applicazione di quel metodo, e cioè la resistenza passiva e l’assenza dei capi, ha causato in parte la demoralizzazione, lo sbandamento ed il disorientamento delle masse. Il fascismo però non ha vinto.
Assassinare, incendiare, bastonare non vuol dire aver vinto. La vittoria tanto decantata consiste solamente nella sua facile marcia in avanti, durante la quale non ha mai trovato «l’ostacolo forte». Esso ha conquistato paesi e città con l’aiuto delle guardie regie e dei carabinieri.
Il fascismo non ha vinto anche perché dove la rossa bandiera è stata incendiata e al suo posto sventola il tricolore o il gagliardetto, le masse hanno conservato intatta la loro anima e sono rimaste con noi.
Questa sua facile marcia può essere arrestata e la vittoria può tramutarsi in una sconfitta.
Al proletariato occorre un nuovo organo di difesa e di battaglia: «il suo esercito». Le nostre forze devono inquadrarsi e disciplinarsi volontariamente. L’operaio deve trasformarsi in soldato, soldato proletario,ma «soldato».
Alla lega di mestiere, nelle riunioni, si trattano questioni strettamente economiche, salari e contratti di lavoro, ecc… al circolo politico questioni di tendenze. L’organizzazione tecnica-militare, invece, ha unicamente lo scopo di riunire, irreggimentare e preparare le nostre forze all’azione di difesa.
La borghesia per attaccarci non ha creato un partito, che sarebbe stato insufficiente, ma un organismo armato, il suo esercito: il fascismo.
Noi dobbiamo fare altrettanto.
Creare il nostro esercito in modo tale che ci permetta di resistere e difenderci. Non c’è altro mezzo. La difesa disordinata, slegata, fatta finora non ha servito a nulla.
Per citare un esempio e dimostrare come solo con l’inquadramento di forze disciplinate e con un’azione collegata si può tener testa all’avversario, basti pensare a Parma che è stata l’unica città che abbia saputo respingere le truppe fasciste, dopo cinque giorni d’assedio.
Ma a Parma gli Arditi del Popolo erano costituiti da 14 mesi, militarmente organizzati e disciplinati, A Parma c’è stato tutto un lavoro paziente di preparazione morale e materiale. Ecco perché quando l’esercito fascista è calato in città, si è trovato, per la prima volta in Italia, di fronte ad un altro esercito ordinato e guidato, pronto a battersi nelle sue trincee e dietro le barricate.
Ecco perché Parma non è caduta in agosto. Ecco come si dimostra che il fascismo, quando trova «l’ostacolo forte» si ferma e cede.
Oggi siamo in piena guerra civile e la guerra si fa così.
Noi siamo una forza immensa, ma sbandata. Organizzata e disciplinata diventerebbe così potente da distruggere non una, ma mille volte il fascismo.
Questo bisogna comprendere.
Momentaneamente ci troviamo in condizioni di inferiorità proprio perché il nostro fronte è troppo diviso e ristretto. Dal punto di vista tattico e strategico, si sa che più un fronte è ristretto e più facilmente il nemico può concentrarvi delle forze e sfondarlo.
Il nostro fronte perciò deve estendersi, unificarsi, per tenere impegnato così l’avversario su tutta una linea più vasta. Occorrono uomini coi requisiti dovuti, capaci, dalla volontà di ferro e che, senza pregiudizio di sorta, procedano quanto prima, nelle grandi e piccole città e nelle campagne ove è possibile, all’inquadramento di tutti coloro che, consci dell’ora tragica e del periodo storico che la classe lavoratrice sta attraversando, si sentano soldati coscienti della grande causa proletaria.
Dappertutto, a seconda delle possibilità, si devono creare squadre, gruppi e battaglioni organicamente perfetti, capeggiati dagli elementi migliori ed a contatto tra di loro da un semplice ed ordinato sistema di collegamento.
Solamente così e dopo la formazione del nostro esercito disciplinato e forte, noi potremo resistere al fascismo e ridurlo all’impotenza.
Chi oggi crede ancora o vuol far credere di poter trovare la via d’uscita con la semplice azione morale o si illude o tradisce.
Sappia il proletariato italiano comprendere la necessità dell’organizzazione militare rossa, all’infuori delle camere del lavoro e dei partiti politici. Indispensabile alla difesa ed alla conquista della libertà.